Newsletters SIPS: Promozione salute ed educazione

Proponiamo l'articolo comparso sullla Newsletters SIPS di Febbraio 2016:

Promozione della salute ed educazione

In preparazione del Meeting interregionale di Fisciano, propongo una riflessione su scuola, promozione della salute ed educazione, partendo da un recente articolo pubblicato su Linkiesta il 7 febbraio 2016. Salvatore Settis propone una netta distinzione tra competenze e conoscenze e afferma che la tendenza in Europa è educare a competenze piuttosto che a conoscenze. Settis propone una netta dicotomia, come se conoscenza e competenza fossero antinomie, l'una si contrappone all'altra. Da un lato non si può essere d'accordo con questa impostazione, dall'altra questa provocazione contiene una parte di verità, vale a dire che nella confusione che ha attraversato il mondo della scuola rispetto alle finalità educative può esser vero di tutto. In ambedue le visioni contrapposte, la “Buona scuola” e la scuola delle conoscenze, c'è un'omissione tutta italiana: manca il riferimento alla “vita”; le competenze hanno bisogno del teatro della quotidianità, della vita, della pienezza della vita, altrimenti le competenze sono monche, mancano di una visione etica che produce omissioni e specialismi. Dal punto di vista della SIPS, la promozione delle competenze (life skill) non è mai disgiunta dalla conoscenza, dalla capacità critica, dall'insieme delle 10 life skill. La tendenza della scuola italiana evoca processi “confusivi” il cui linguaggio propone sempre una rilettura delle competenze senza mai coniugarle con la gestione della vita e dei rapporti con se stessi e con l'alterità. Anche Settis sembra omettere questo riferimento esaltando le “conoscenze” senza legarle alla capacità di entrare in relazione con la vita e con gli altri. L'approccio sembra appiattirsi in una disputa di tipo politico in cui si contrappongono la visione “riformista” della buona scuola e la visione “conservatrice” del valore della conoscenza. E intanto ogni giorno nella realtà delle classi italiane tutto continua a scorrere in un eterno presente che si reifica, si spezzetta, si burocratizza, si appiattisce sugli adempimenti e la grande assente sembra essere la passione per la vita e per l'educazione. L'altra caratteristica delle ultime riforme è la tendenza a diminuire le risorse economiche per la scuola, per cui sono stati avviati processi di riforma molto importanti senza garantire l'adeguato supporto alla scuola per favorire il cambiamento. In queste condizioni le riforme sono risultate essere soprattutto basate sul fattore del “risparmio”: si cambia riducendo le risorse, il personale, le ore di lavoro, si fanno dichiarazioni di principio senza che niente effettivamente cambi. Come abbiamo già avuto modo di sottolineare in altri contesti, questo processo di “depauperamento” progressivo della scuola ha avuto la più imponente accelerazione al momento della cancellazione dei provveditorati e l'introduzione dell'autonomia scolastica: un momento epocale in cui la scuola è rimasta drammaticamente sola, senza riuscire ad accompagnare i presidi e i docenti con processi formativi adeguati. Dalla figura del preside si è passati alla figura del dirigente scolastico con buona pace di tutti. Così come si è introdotta la “didattica delle competenze” senza che nulla sia effettivamente cambiato nella realtà di ogni giorno, né sia stato avviato alcun processo di aggiornamento dei docenti rispetto alle metodologie partecipative basate sulle life skill. La didattica delle competenze è monca, manca del riferimento alla vita alla possibilità di coniugare conoscenza ed esperienza, senso critico e creatività, consapevolezza e capacità relazionali, comunicazione e introspezione. Senza riferimento alla vita, le competenze rischiano di avvicinarsi all'efficienza produttiva senza etica; una “conoscenza” senza riferimento alla vita concreta di quello che accade nella classe, rischia di riprodurre un sapere sterile e nobile, nel senso di elitario e non popolare.
Gli ultimi 20 anni hanno imposto un'accelerazione nella tecnica come mai accaduto nella storia dell'umanità, i cambiamenti sociali sono stati profondi e ancora non compresi; siamo nel pieno di una rivoluzione sociale di proporzioni bibliche, con scontri di interessi economici e sociali potenti. Di fronte a questi cambiamenti illuderci di poter mantenere lo status quo è un delitto. La scuola non può rimanere se stessa, né può sperare che basti dichiarare il cambiamento per cambiare davvero. Non credo sia possibile e fattibile tornare indietro, credo che abbiamo il dovere etico di riflettere e usare al meglio la nostra umanità. Credo sia inutile promuovere una scuola 2.0 o 3.0 (in questo sono d'accordo con Settis), è una mistificazione stupida credere che la scuola possa tener dietro alla velocità della tecnica. La competenza non è quella derivata dall'uso del computer. Se non si promuove consapevolezza, conoscenza, capacità critica, dignità personale, si rischia di confondere la competenza tecnica con il successo, e permettere alla velocità, alla competitività, alla specializzazione di imporre la propria visione del mondo. La SIPS promuove le “life skill” non le competenze (senza una finalità e una visione etica la competenza rischia di diventare l'efficienza nazista dei campi di concentramento), promuove l'etica della responsabilità, promuove lo sviluppo sostenibile, vale a dire che la sostenibilità è data dalla nostra capacità di permettere ai nostri figli di avere a loro disposizione un mondo in cui la qualità della vita e delle relazioni sia alta, almeno quanto la nostra. Proponiamo un nuovo “Futurismo” alla rovescia, non all'insegna della velocità, della forza, dell'altezza, delle prestazioni al limite, ma all'insegna della profondità del tempo, della riflessione critica sulla complessità, della ricerca del soave e della bellezza, dello “slow know” (lentius, profundis, soavius).
In conclusione: la scuola ha bisogno di una profonda riforma che riporti al centro del dibattito la promozione della salute, la sostenibilità, la passione dell'educazione, la centralità dell'adulto quale riferimento educativo (a patto che ci sia chiarezza e formazione adeguata verso le metodologie di didattica attiva, basate su processi di empowerment e partecipazione). Siamo con Settis, a patto che anche la “conoscenza” sia basata sulla capacità di promuovere consapevolezza critica, creatività, relazioni sane rispettose della diversità.

Lucio Maciocia - Presidente Regionale Delegazione Lazio

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