L'impossibile e la resilienza: quanto è difficile e duro educare

Come ogni fine anno scolastico mi accingo ad incontrare docenti e Presidi per fare il punto della situazione e per concordare gli impegni del prossimo anno. Come ogni anno raccolgo impressioni e commenti fortemente contrastanti e, in alcuni casi, incontro persone veramente straordinarie. La scuola italiana è ancora viva, si regge sulla forza, la costanza, la testardaggine di professionisti dell'educazione (e non dell'istruzione) consapevoli delle difficoltà e del grande disagio presente all'interno dell'istituzione scolastica. Questo, però, è il secondo anno in cui incontro dei Dirigenti Scolastici di grande forza e tenacia, che credono fortemente alla loro missione, che hanno cercato di fare il meglio di cui sono capaci e che mi confessano di essere stanchi, di aver voglia di andare in pensione.
Non mi permetto di criticare questa voglia, anzi, voglio testimoniare la stima ed il profondo rispetto dovuto a loro: dalla scuola dell'autonomia il compito dei Dirigenti Scolastici sta diventando sempre più complesso e, negli ultimi anni, l'impressione è che il loro sia diventato un compito impossibile.
Il Dirigente Scolastico è depositario di una serie infinita di responsabilità che vanno dalla sicurezza (antisismica, antincendio, elettrico, degli spazi, delle barriere, ecc.) alla didattica, alla gestione delle supplenze, al coordinamento dei Collegi Docenti e dei Consigli di classe. E tutto questo senza avere le risorse necessarie e facendo sempre i conti della serva, senza offesa per la serva, con quattro lire e con carichi di lavoro impressionanti (plessi scolastici, reggenze, istituti comprensivi, Istituti di Istruzione Superiori) e una classe docente che, proprio come loro, è stanca, a volte demotivata, invecchiata e che spesso non vede l'ora di andare in pensione.
Eppure funziona, la scuola funziona ancora. Il grado di resilienza di questi personaggi è straordinario. Mi è capitato di discutere con loro, di difendere le mie ragioni, di ascoltare le loro e, sempre, mi sono reso conto che il loro punto di vista è legato alla funzione che svolgono, ad uno sconfinato orgoglio di appartenenza e della missione che svolgono.

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