Bollettino ORSEA n. 6

Bollettino ORSEA n. 6

 

INTRODUZIONE

 

         L’offerta formativa che presentiamo, nella forma ed in continuità con i Bollettini Informativi ORSEA,  è frutto di un lungo lavoro di condivisione, di incontri, di messe a punto tra i professionisti dell’Azienda ASL di Frosinone. Il patrimonio esperienziale di queste professionalità rappresenta il valore aggiunto che oltrepassa ogni altra considerazione di ordine economico. L’Azienda potrà anche essere in difficoltà economica ma sicuramente non lo è rispetto alla qualità delle prestazioni offerte negli ambiti dei servizi territoriali e nella prevenzione primaria e secondaria.

         La prima parte di questa offerta è interamente dedicata alle attività istituzionali che quotidianamente rappresentano la gran parte delle prestazioni erogate dal personale ASL nelle scuole della Provincia. Il primo obiettivo che ci siamo prefissati è la valorizzazione di questa enorme mole di lavoro che molto spesso viene data per scontata.

         Nel corso di questi ultimi due anni, sono stati attivati dei processi di aggiornamento formativo destinati alla gran parte dei professionisti che operano nella prevenzione territoriale, ed ogni volta dal confronto operativo, è emersa una quantità ed una qualità impressionante rispetto all’impegno profuso ed è emersa, altresì, la grande necessità di mantenere alti i livelli di coordinamento operativi tra i vari servizi.

         L’ORSEA, nella sua attuale forma, rappresenta la modalità organizzativa di tipo orizzontale che garantisce alla ASL un opportuno e qualificante coordinamento operativo tra servizi, operatori e scuola. Questi anni sono anche serviti al bisogno di uniformare qualitativamente e quantitativamente le tipologie di servizio erogati sui diversi territori. Questo lavoro rappresenta, quindi, la sintesi qualificata a testimonianza dello sforzo organizzativo prodotto.

         Abbiamo voluto dare corpo ad un altro obiettivo: supportare la funzione dell’adulto di riferimento quale educatore. Piuttosto che intervenire con progetti spot, estemporanei e casuali che, è dimostrato, non lasciano segno e non incidono sui comportamenti devianti e sulle manifestazioni di disagio  dei ragazzi,  è preferibile promuovere azioni trasversali che vedano protagonisti gli educatori della scuola per una azione contraddistinta da continuità, rigore, partecipazione diretta.

         Le attività di prevenzione e promozione della salute attivate da decenni dai Servizi Territoriali della ASL di Frosinone, con l’ORSEA, acquistano spessore e si inseriscono in una rete di opportunità: ciascun servizio, nell’espletamento dei propri compiti istituzionali, diviene il naturale punto di riferimento di ciascuna scuola dell’intera rete ORSEA, per l’eventuale attivazione di percorsi progettuali. Al tempo stesso, l’ORSEA intende sottolineare l’importanza ed il valore strategico delle attività cosiddette istituzionali, dalla prevenzione delle malattie, alla promozione di comportamenti e atteggiamenti sani, alla promozione dell’agio, dalla integrazione sociale al delicato e strategico obiettivo dell’integrazione sociale e scolastica dei disabili. Accanto e a completamento di questi obiettivi “istituzionali” e tradizionali, si inseriscono le proposte presentate nel 4° e 5° capitolo, nelle quali si concretizzano una serie di progetti che completano l’offerta. Soprattutto il 5° capitolo rappresenta la volontà di affiancamento alla funzione docente e la manifestazione dell’attenzione e della centralità delle figure di riferimento educative all’interno della scuola: docenti, dirigenti, personale ATA e Amministrativo

         L’ORSEA, ha inteso avviare una riflessione sul senso e sulle visioni più “efficaci” di promuovere prevenzione, Tra le visioni significative in questo campo vanno in primo luogo annoverate quelle che sono state individuate  dalle autorità di riferimento in questo campo: l’OMS e le legislazioni nazionali. In ambedue i casi è stata costante nel tempo l’attenzione al perseguimento di obiettivi di salute anche attraverso la leva educativa. All’ipotesi della centralità di singole azioni di educazione sanitaria da parte delle istituzioni pubbliche è succeduta nel corso del tempo quella di una educazione alla salute basata su una nozione olistica sia della salute stessa, non limitata all’assenza di malattia, sia delle finalità educative da realizzare in questo campo, riguardanti l’insieme degli aspetti fisici, mentali e sociali che convergono nel determinare lo stato di benessere. Più recentemente le autorità sanitarie hanno imperniato il proprio discorso su ipotesi più complessive di promozione della salute, in cui il benessere viene posto sotto la responsabilità congiunta degli individui da un lato e delle comunità locali e dei corpi sociali intermedi dall’altro. In questa prospettiva, la promozione della salute fa leva, da un lato, su tutte le opportunità che possono concretamente concorrere a una crescita costante del benessere individuale e sociale, dall’altro sulle spinte all’auto-apprendimento e alla definizione di progetti autonomi di sviluppo (tipici peraltro dei processi di lifelong learning nella società tardo-moderna).

In parallelo all’evoluzione delle visioni alla base delle politiche di sviluppo della salute per via educativa si è recentemente assistito a quella delle posizioni etiche che sottendono le politiche stesse. A questo riguardo è possibile identificare un progressivo spostamento del dibattito dai temi dell’etica dell’informazione a quelli dell’etica dell’educazione e successivamente a quelli dell’etica della responsabilità.

Il concetto di etica dell’informazione, che ha contrassegnato il dibattito nel corso soprattutto degli anni Ottanta del secolo scorso, rappresenta in qualche misura il sostrato dell’educazione sanitaria sancendo l’obbligo dell’ente pubblico di garantire una distribuzione omogenea di informazioni su specifici aspetti dell’ “igiene pubblica”.

Il concetto di etica dell’educazione, emerso in questo campo soprattutto negli anni Novanta, definisce invece obblighi e opportunità istituzionali di tipo più pervasivo, con caratteristiche di intensità e non solo di estensione, offrendo in tal modo i presupposti per le azioni di educazione alla salute.

Infine, il concetto di etica della responsabilità (Weber, 1919; Jonas, 1979; Ricoeur, 2004), alla base anche dell’attuale dibattito in campo educativo, si fa strada con la crisi di ogni azione educativa limitata all’emissione di messaggi generalistici. In un mondo sempre più mediatizzato questi rischiano di essere sovrastati dalla concorrenza di altri messaggi e dal rumore di fondo cui è soggetto l’intero sistema della comunicazione. La fase attuale, in questa prospettiva, è posta all’insegna dell’etica della responsabilità, in quanto afferma il valore pratico di ogni azione, da parte sia degli attori istituzionali sia degli individui. Ogni azione va considerata essenzialmente in funzione delle sue conseguenze, considerando peraltro che queste ultime non possono essere previste una volta per tutte e che è invece sempre necessaria una comparazione riflessiva di impegni, intraprese e risultati da parte dei diversi attori in gioco.

L’evoluzione della visione dell’intervento di prevenzione e, parallelamente, dell’etica alla base della visione, trova la sua conferma nelle linee di indirizzo promulgate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1993 nelle quali si fa riferimento alle life skills che sono state alla base negli scorsi tre lustri di numerosissime esperienze nei più diversi contesti nazionali. Life skills, secondo la definizione ufficiale, sono “le abilità necessarie per un comportamento positivo e adattivo, in grado di permettere agli individui di far fronte efficacemente alle richieste e alle sfide della vita quotidiana”  (WHO, 1993). In questo senso le attività-nucleo sono quelle di: soluzione di problemi, presa di decisioni, formulazione di obiettivi, uso del pensiero critico,  comunicazione, assertività, consapevolezza di sé e fronteggiamento dello stress. L’ipotesi è che lo sviluppo di queste abilità possa consentire alle persone –  in particolare ai giovani, più esposti rispetto a suggestioni di comportamento e di consumo non salutari –  di auto-difendersi rispetto all’induzione di consumi di alcool, tabacco, farmaci e sostanze stupefacenti. In generale tali competenze dovrebbero fornire la base a comportamenti responsabili in ogni aspetto della vita. L’idea di life skills risulta infatti intrinsecamente correlata a quella di una vita consapevole in cui l’equilibrio corporeo e mentale è frutto di scelte individuali e collettive che consentono l’interrogazione del significato e degli esiti di determinati comportamenti (più o meno avallati da norme e modelli tipici della cultura dominante e/o di sub-culture locali, generazionali e di piccolo gruppo).

L’impegno allo sviluppo della peer education, anch’essa attualmente sostenuto dall’OMS (WHO, 2003), è da questo punto di vista strettamente correlata a quella delle life skills. L’assunto di base in questo caso è che i messaggi emessi dai sistemi educativi formali in tema di modelli di vita e di consumo sono di fatto meno efficaci di quelli che le persone possono ricevere da “altri significativi” (Blumer, 1969), in particolare da coetanei partecipi delle medesime esperienze di vita.  La condivisione di visioni ed esperienze può infatti permettere scambi di conoscenze e modelli di comportamento inaccessibili sul versante del linguaggio scientifico e della morale ufficiale. Cruciale da questo punto di vista è l’identificazione e l’attivazione di soggetti provvisti di doti di leadership situazionale, in grado di svolgere il ruolo di attivatori di riflessività in situazioni peer-to-peer.  A questi soggetti – all’interno di opportuni contesti di intervento, gestiti con la partecipazione di insegnanti, famiglie, responsabili di istituzioni e comunità locali – possono essere assegnati ruoli focalizzati su diverse problematiche, tra cui, in posizione di primo piano, quello dell’abuso di sostanze.

Un aspetto saliente delle politiche di educazione alle “competenze per la vita” e di “educazione tra pari” è quello di poter essere sviluppate non in esclusiva da parte di un singolo attore istituzionale ma necessariamente all’interno di strutture multi-livello e multi-attore aperte a varie opportunità e limiti. Gli attori in questo campo sono certamente i decisori politici cui spettano funzioni di legislazione e indirizzo ma  la loro azione deve trovare momenti di consonanza e integrazione rispetto alle pratiche sviluppate da un gran numero di attori intermedi, tra loro eterogenei: agenzie educative a diversi livelli, presidi sanitari, istituzioni pubbliche, organizzazioni private e quasi-pubbliche di diversa natura. Gli stessi destinatari finali, i giovani in età pre- e post-adolescenziale, dovrebbero essere considerati come compartecipi della attuazione di politiche che li riguardano e la cui riuscita dipende in larga misura dal modo in cui riescono a coordinarsi con le opzioni e le scelte di questa fondamentale categoria di cittadini delle società tardo-moderne.

Queste considerazioni sono alla base dei due progetti speciali che aprono le offerte ORSEA: Il progetto UNPLOGGED promosso da Laziosanità – Agenzia di Sanità Pubblica -  su tutto il territorio del Lazio ed il progetto Competenze per la vita e gruppo dei pari, sviluppato in collaborazione con altre Regioni nell’ambito dell’azione di sistema “Prevenzione di comunità” nel settore delle sostanze d’abuso. Promosso da CCM e coordinato dalla Regione Toscana.

Anche gli altri programmi si muovono nella stessa ottica, promuovendo trasversalmente metodologie operative basate sulle life skills e sull’assunzione di una responsabilità diretta da parte dei protagonisti attivi. Tra le finalità di prevenzione ed il target specifico, gli adolescenti, si trovano gli insegnati, i docenti, il personale della scuola: anche questi ultimi hanno “diritto” ad un ruolo attivo, partecipe, competente rispetto alle competenze per la vita, in un quadro istituzionale che promuove benessere e non emarginazione e solitudine.

 

Il Comitato Scientifico ORSEA

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